Ecco la testimonianza di com’era la scuola elementare in una scuola bassopolesana nella seconda metà degli anni ’40.
Il Signor Mario racconta:
“Ho cominciato ad andare a scuola nel ’44 e ho finito nel ’49, e mi ricordo benissimo perché è stato l’anno in cui è precipitato l’aereo con la squadra del Torino.
Per arrivare alle scuole dovevo fare due chilometri e mezzo ad andare e altri due chilometri e mezzo per venire a casa. Però eravamo una compagnia grande, in tantissimi perché tutte le famiglie avevano sei sette figli, mio zio è stato più bravo ne aveva dieci. Però ad andare a scuola ci si divertiva perché eravamo una flotta, eravamo in tanti per la strada, ci si trovava un centinaio di ragazzi. Nella mia frazione eravamo 800 abitanti, adesso siamo rimasti meno di cento.
A scuola c’erano cinque aule, dalla prima fino alla quinta, e in ogni classe c’era un maestro. Quando arrivavi a scuola ti obbligava a portargli dentro la bici, perché aveva la bicicletta, la Bianchi, che costava tanti soldi, un altro intanto doveva andargli a prendere il cappuccino al bar. Però ci si trovava bene perché erano democratici, non erano cattivi, erano bravi. I primi giorni di scuola quando siamo partiti ci facevano far le aste, dopo qualche mese cominciavi a fare i numeri, quasi alla fine della prima elementare cominciavi a leggere, ma poco, dopo invece nella seconda ho cominciato a leggere, a scrivere e anche a fare un po’ di matematica. Però eravamo in tanti dentro ogni classe e si andava lenti, non riuscivano a interrogarci tutti e andavamo avanti dei mesi senza essere chiamati.
C’erano trenta persone dentro nell’aula, forse di più, e allora imparavi quello che imparavi, c’era quel problema lì, non ti dicevano studia fai e qua e là che dopo devi arrivare a prendere un titolo di studio, si viveva alla giornata, ti insegnavano a leggere e a scrivere perché dovevi arrivare alla quinta elementare che era obbligatorio e basta, quando arrivavi lì era finito tutto.
Su cento continuava a andare a scuola uno solo, ma solo perché era di una famiglia che aveva le possibilità perché per andare a studiare ci volevano i soldi. Poi all’università non ci andava nessuno e al massimo si diventava ragionieri e insegnanti o maestri e basta, si arrivava lì, non c’erano ingegneri, o avvocati nel mio paese. Più di tutti erano quelli che diventavano segretari, quelli che facevano un paio d’anni di ragioneria ma non arrivavano a fare i ragionieri ma facevano gli impiegati lo stesso.
Non c’era un avvenire e nessuno ti insegnava che potevi andare avanti ed istruirti per fare tante cose e invece non abbiamo fatto niente e siamo andati a lavorare tutti, o in campagna o in fabbrica.”
Here is the testimony of what elementary school was like in the second half of the 1940s.
Mr. Mario remembers:
“I started school in ’44, and finished in ’49, and I remember very well because it was the year the plane with the Torino team crashed.
To get to the schools I had to walk two and a half kilometers to go and another two and a half kilometers to come home. But we were a great company, mostly because all the families had six or seven children, my uncle did better and he had ten. But we had fun going to school because we were like a fleet, there were many on the street, there were about a hundred boys. In my hamlet we were 800 inhabitants, now we are less than a hundred.
At school there were five classrooms, from the first grade to the fifth, and in each class there was a teacher. When you arrived at school he forced you to take his bike inside the building, because he had a bicycle, the Bianchi, which cost a lot of money, while another had to go and get him a cappuccino from the bar. But it was okay because they were democratic, they weren’t bad, they were good. The first days of school when we started they made us draw the rods, after a few months you started writing the numbers, almost at the end of the first grade you started reading, but only a little, after, in the second grade, I instead began to read and do some math. But there were many of us in each class and it was slow, they couldn’t question us all and we went on for months without being called.
There were thirty people in the classroom, maybe more, and then you learned what you learned, there was that problem there, they didn’t tell you study, do, and here and there, that you had to get a degree, you lived for the day, they taught you to read and write because you had to get to the fifth grade which was mandatory and that’s it, when you got there it was all over.
Only one out of a hundred continued to go to school after the fifth grade, but only because he belonged to a family that had the possibilities because it took money to go to study. Then nobody went to university and at most you became accountants and teachers and that’s it, you got there, there were no engineers or lawyers in my hamlet. Most of all they were those who became secretaries, those who did a couple of years of accounting but did not get to be accountants but did the same as clerks.
There was no future and no one taught you that you could go ahead and educate yourself to do many things and instead we did nothing and we all went to work, either in the countryside or in the factories.